Casa dei Tre Oci VENDESI

Ci scrive Andrea, inoltrandoci diverso materiale come rassegna stampa, riguardo alla vendita della Casa Dei Tre Oci.

Prima di lasciarvi alla lettura di tutti i testi (in particolare quello di Massimiliano Zane apparso su ArtTribune), invitiamo i lettori, a fare alcune piccole, quanto significative, opere di protesta, che riportiamo qui di seguito:

- Mandare delle email a Fondazione Venezia segreteria@fondazionedivenezia.org scrivendo "non vogliamo l'ennesima svendita del patrimonio della città. Firmato: un cittadino." Fino a quando non si ottiene una risposta, per poi proseguire con un'ulteriore email come questa: "In quanto cittadino di questa città, chiedo di sapere per iscritto le motivazioni precise per cui si sta procedendo con la cessione della Casa Dei Tre Oci, luogo che appartiene alla città ed essenziale alla sua comunità. Come residente di questa città, esigo spiegazioni scritte o pubbliche! Colgo l'occasione per informare la personale contrarietà all'operazione, insieme a quella di tanti altri cittadini."

- Chiamare la segreteria telefonica 041 2201211 sempre dimostrando la propria opinione contraria alla vendita della Casa Dei Tre Oci o rimarcando la richiesta di una spiegazione pubblica da parte dei Dirigenti della Fondazione.

- Scrivere alle realtà culturali e associazioni della città, di organizzare una manifestazione o raccolta firme (come sta per fare Venezia.com) o mobilitazione di ogni tipo (ad esempio con un ritrovo in barca distanziati) davanti la Casa Dei Tre Oci, nel rispetto della normativa anti-covid.

- Fare passaparola!


Ora, vi lasciamo al testo dell'articolo di Massimiliano Zane (apparso su ArtTribune), che più ci ha colpito e al resto della rassegna stampa pervenutaci in giornata.

Riassumendo: da una parte ci sono un polo culturale e un museo, nuovo, ipertecnologico, l’M9 – museo del 900 di Mestre, inaugurato in pompa magna il 1° dicembre 2018 e realizzato con un investimento complessivo di 110 milioni di euro, che oggi si trova ormai sull’orlo del tracollo finanziario; dall’altra parte c’è la Casa dei Tre Oci, sede espositiva storica di Venezia, specializzata in fotografia, sede dell’archivio Zannier e del fondo De Maria. Nel mezzo ci sono una lunga sequela di errori di pianificazione per la gestione efficiente e sostenibile del polo culturale mestrino e una Fondazione di origine bancaria, la Fondazione di Venezia, portata quasi al collasso economico dall’intera operazione e che oggi, per salvare il salvabile, propone la vendita di parte del proprio patrimonio espositivo (i Tre Oci, appunto). Presupposti, questi, drammatici e che hanno il sapore della beffa: a Maggio la stessa Fondazione di Venezia, ente di gestione unico di entrambi i musei, aveva assicurato che mai avrebbe venduto la sede museale della Giudecca liquidando la questione con un “Qualsiasi ragionamento al riguardo è privo di fondamento”.

 

Ma oggi cosa è cambiato? Evidentemente, in questi tempi già tormentati, il perdurare di chiusure e quarantena ha fatto sì che i tanti nodi mai sciolti nell’intera operazione M9 nuovamente tornassero tutti al pettine (e nel peggiore dei modi): la passata assenza di una vera strategia a una scarsa attrattività e catalizzazione di pubblici, fino a buchi di bilancio dati sia dallo squilibrio tra costi e rientri che dai mancati introiti del retail di supporto dall’affitto di spazi e uffici, hanno creato una situazione di grave affanno economico dell’intero polo, tale da impedire altre possibilità per un rilancio. Così, oltre ad aver rinunciato al direttore di M9, oggi come a maggio, si rischia di portare all’alienazione della storica sede museale con sede alla Giudecca. Una opzione, questa, che ritorna, ma che posta in questi termini (e nella situazione generale) va oltre la beffa: è qualcosa di sconcertante.

 

Perché qui il fulcro della questione non è il tentare o meno di salvare un museo dal fallimento, ma voler a tutti i costi salvare un “investimento oneroso” sacrificandone un altro ritenuto meno remunerativo, quindi marginale. Peccato che qui si parli di luoghi della cultura, e quella marginalità sia una rappresentanza identitaria e storica della cultura cittadina. La Casa dei Tre Oci è per l’isola della Giudecca un punto di riferimento culturale molto importante, tanto per i veneziani che per tutto il mondo: l’offerta culturale che propone è ricercata e differenziata dal resto di quella presente sul territorio, rendendola una realtà unica in città, che trova proprio in questa sua unicità un grande valore aggiunto. Allora, piuttosto che una svendita inutile e dannosa non sarebbe meglio ragionare su un sistema integrato tra realtà museali? Perché invece di riproporre soluzioni definitive, non inserire l’affaire M9 in una discussione più ampia di riprogrammazione della Fondazione Musei Civici, proponendo una convenzione su programma e bigliettazione intgrata per il rilancio? Soprattutto in questo momento, in cui i consumi culturali saranno totalmente da reinterpretare per colpa del COVID19, ciò che serve è lavorare su una offerta culturale rinnovata e tutt’altro che compartimentata. Serve vedere Venezia come un unicum culturale coeso e come tale proposto e reso accessibile. Fare altrimenti significa semplicemente perdere un’occasione.

 

In ogni caso si vedrà. Ma oltre le opinioni sull’opportunità o meno di vendere, e tenendo conto della complessità della situazione, l’intera faccenda se non altro riporta all’attenzione una consuetudine tipicamente italica: recuperare risorse dal patrimonio culturale materiale alienandolo, con il rischio (già visto in passato) che decisioni come queste vengano messe in atto con troppa leggerezza e senza il giusto equilibrio nelle valutazioni tra necessità, obiettivi e alternative.

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