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Venezia Morta_IL MANIFESTO
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VENEZIA MORTA

 

In questo anno 2020, dopo decenni di spopolamento, ingordigia economica e abbandono della laguna intera,

dichiariamo la morte di Venezia.

 

 Venezia non è più un luogo, è un non-luogo.

Alla mercé di usurai, speculatori, affaristi e piccoli borghesi avari ormai sul punto di morte fisica e spirituale. 

 

La laguna, che attornia questa non-città, questo non-parco divertimenti, questo insieme di mattoni svuotati di ogni senso, è un ambiente abbandonato a sè. L’essere umano, che ha modellato questo enorme stagno ricco e multiforme, lo lascia, come un amante pigro che non ricorda più l’ultima erezione

 

Venezia è l’apice estremo di un ghiacciaio che si sta sciogliendo, la punta più fragile sul punto di collassare

Ogni respiro fatto in questo luogo, ha l’odore della vacuità di questo tempo, privo di prospettive, prono ad un futuro cupo che schiavizza l’individuo.

 

Per questi motivi, 

 qui, in un non-qui,

noi, un non-noi,

deliberiamo quanto segue.

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1. I primi responsabili della morte di Venezia, sono da ricercarsi nei veneziani stessi. Popolo umiliato senza più nessuna gloria, che ha cercato ristoro nella fuga o nel denaro, svendendo l’anima nella speranza di godere di un’ultima erezione, rivelatasi farsa umiliante più che gran finale.

 

 2. Gli amministratori e i loro finti oppositori politici, di tutti i livelli, che hanno svenduto ogni singolo mattone di questa città, verranno ricordati con infamia dalla storia. Nessuno scultore erigerà per loro una statua celebrativa, nessuno scrittore esalterà le inesistenti doti di costoro e nessun artigiano dedicherà un’opera memorabile a individui che l’anima l’hanno venduta da molto tempo.

 

 3. Il colpevole di questo omicidio non è da ricercarsi in nessun virus, in nessuna causa esterna ingestibile e inattesa. Anzi, ogni fattore esterno che accelera questa morte, è da considerarsi simile ad una benedizione, ad una rivelazione, come una tempesta su una dimora di paglia, quando avevi tutte le possibilità per costruire una casa solida di mattoni e cemento.

 

 4. Venezia, città che fu di bottegai, artisti, falegnami, mercenari, tessitori, commercianti, navigatori, combattenti e artigiani di ogni sorta, che crearono e svilupparono questo luogo, oggi è la piccola metropoli delle cianfrusaglie, di un’economia che non esiste, di una socialità smembrata.

 

 5. Venezia non è altro che una cittadina, composta da tanti piccoli paesi. Un luogo a misura d’uomo. Questa è la sua natura, questo è quanto va rispettato, questo è stato ucciso.

 

6. La laguna che accoglie e difende la città, è stata disonorevolmente abbandonata, svenduta e dimenticata, tranne che per poche figure che ancora posseggono dignità. Di questi ultimi ci sarà memoria. Già oggi sono esempio per quei pochi che ancora sognano una dignità per Venezia.

 

 7. L’ecosistema umano e naturale, che ha vissuto in equilibrio per secoli, è stato inquinato. Pur di ottenere del profitto immediato, l’uomo se n’è vilmente disinteressato, decapitando così il futuro di ogni figlio.

 

8. La rabbia e la frustrazione, scatenate da una passione viscerale, per la ricerca di un senso di questa città, sono il motore di questo manifesto. In un mondo che espelle gli inutili, Venezia può essere terra fertile per questi inutili volenterosi.

 

9. Questo è un tempo folle. Motivo per cui chiamiamo a raccolta tutti coloro che ancora sono vivi, per dare vita a questa follia. Come una flotta scomposta di pirati, assaliamo Venezia, occupiamone gli spazi, viviamo questo ultimo colpo di coda di decadenza della Repubblica millenaria. Viviamo un’esperienza che solo in questo tempo caotico si può vivere. 

 

 10. Questo non vuole essere una chiamata alla collettività. Non vuole essere una proposta plurale dalla quale creare un nuovo gruppo, un nuovo collettivo, l’ennesimo raggruppamento di persone omologate. No. Vuol essere una chiamata, un’ispirazione, al singolo, all’individuo. Uno slancio vitale, spirituale, di azione, legato indissolubilmente solo e unicamente al singolo stesso. Quel che verrà, lo sapranno i posteri, che potranno inorgoglirsi per questi individui tenaci e testardi.

 

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Venezia è morta.

Occupiamola e balliamo: non per ballare sulle macerie, ma per godere di questa bellezza, ridare uno scopo a questa città e ridare uno scopo a questa nostra vita, fino alla morte. Venezia siamo noi, che svendiamo ogni giorno il nostro talento, la nostra umanità e la nostra anima, lasciandoci andare ad una solitudine confortevole.

Allora diciamo: viviamo! Viviamo Venezia!

Viviamo la morte di Venezia con dignità e senza paura!